Tutti noi abbiamo appreso della disfatto di Caporetto dai libri di storia , ma poco sappiamo di cosa questa significò per le popolazioni locali. Quell’ottobre del 1917 fu una tragedia anche per i profughi civili.. A studiare gli avvenimenti troviamo lo storico Eugenio Campana che ha scritto Il profugato di San Nazario nella guerra 1915-18, edito dal Comitato per la storia di San Nazario.
Furono 600 mila tra vecchi donne e bambini provenienti da Udine Treviso e Venezia , dall’Altopiano di Asiago e dalla Valle del Brenta . I civili rimasero senza direttive e dovettero decidere tra scappare o subire l’occupazione , inoltre il comando militare dava la priorità alle truppe che requisiva i mezzi civili e vietava di percorrere le principali strade , molti morirono nella piena dei fiumi non potendo usare i ponti principali , ma molti furono bloccati dagli austro ungarici , solo 270 mila su 600 mila riuscirono a scappare.
Lo scrittore Eugenio Campana era figlio di un profugo e in un cassetto ha trovato i documenti per ricostruire il dramma dal punto di vista della comunità di San Nazario. Campana ha oggi 72 anni, ma per 36 anni ha lavorato in Municipio a San Nazario.Ha scritto il libro nel 1999.
Ecco come descrive la vicenda con la mediazione di ” Salvatore Giannella :”
“Il periodo che precedette l’autunno del 1917 era stato uno dei più difficili nella storia del nostro Comune. Il rientro dall’estero di un migliaio di nostri emigranti, privi di mezzi per vivere. La partenza di tanti giovani per il fronte. Le notizie dei primi caduti. Un’epidemia di febbri tifoidi, con molti morti. Il transito continuo di militari. La presenza di diversi ospedali: tutte queste circostanze avevano già reso pieni di sofferenza i primi anni di guerra. Assieme alle donne, furono i bambini a subire le maggiori conseguenze: si calcola che il 30% dei profughi fu composto da bambini sotto i 15 anni che, in molti casi, persero il contatto con il loro nucleo famigliare di origine. Centinaia di fanciulli, per esempio, invasero le strade di Milano e vennero ospitati presso orfanotrofi e istituti religiosi.
“Il 6 novembre 1917, due settimane dopo Caporetto, con l’avvicinarsi del fronte ai monti Grappa e al nostro Asolone, uno scarno comunicato del Comando del presidio militare di Cismon del Grappa ingiungeva al nostro sindaco di sgomberare”. L’avviso stabiliva alcune prescrizioni cui la popolazione doveva attenersi, con al primo capoverso: «Ogni individuo potrà portare con sé in treno gli oggetti strettamente necessari e non eccedenti il peso di Kg. 50». E all’ultimo rigo: «Raccomando ordine, silenzio, disciplina».
Il 7 e 8 novembre 60 carri bestiame furono riempiti di uomini, donne e bambini sotto una pioggia torrenziale. Il treno s’avviò verso una destinazione ignota. I profughi avrebbero conosciuto la destinazione strada facendo. Il primo approdo fu l’estremo lembo meridionale dell’Italia: la Sicilia. Gli altri furono sparsi tra Campania, Calabria e Puglia. Nel paese di chi vi scrive ” Salvatore Giannella ” (Trinitapoli, nel Tavoliere pugliese) decine di profughi furono accolti nell’edificio scolastico, dopo un viaggio di 767 chilometri. Vi prese residenza anche il parroco di San Nazario, don Pietro Dal Maso, 40 anni. Il sacerdote ritornerà in Puglia, anche dopo il ritorno dei profughi in Veneto avvenuto due anni dopo, per morirvi. Una targa apposta su una via centrale di Trinitapoli ricorda, dal 23 maggio 2015, la calda accoglienza offerta a questi esuli in patria
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